Proroga della CIG e Blocco dei Licenziamenti
La crisi del lavoro rimandata alla prossima primavera.
A cura dell’Avv. Renato Migliore – Consulente Consorzio Di.Al.
In questi mesi, a far data ormai da marzo scorso, uno dei capisaldi della legislazione emergenziale è stato il blocco dei licenziamenti, visto dall’Esecutivo come uno dei rimedi principali per mantenere i livelli occupazionali odierni e per non far gravare il peso della crisi economica sui lavoratori dipendenti.
Purtroppo, fin dall’inizio, gli operatori economici, a causa probabilmente dell’ipertrofia legislativa, non riuscivano a discernere la reale portata del blocco dei licenziamenti imposto.
Quali sono, a tal proposito, i licenziamenti non proponibili?
Lo stop, se così possiamo definirlo, riguarda i soli licenziamenti per “giustificato motivo oggettivo”, quelli tipicamente legati a cali di fatturato, chiusura di punti vendita o siti industriali (con esclusione delle società poste in liquidazione).
Restano, invece, sempre comminabili quei licenziamenti, disciplinari o per giustificato motivo soggettivo, legati a dinamiche più squisitamente personali del rapporto di lavoro.
Se un lavoratore non gode più della fiducia del proprio datore di lavoro per aver assunto un comportamento o commesso un fatto che il CCNL di categoria prevede come causa di licenziamento, l’imprenditore può dare impulso al procedimento disciplinare che, eventualmente, potrà concludersi con la sanzione espulsiva, senza ricadere nel blocco.
Ci sono inoltre una serie di casi in cui non opera il divieto di licenziamento:
- cessazione definitiva dell’attività dell’impresa;
- esodo pensione, ossia accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni più rappresentative, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo;
- fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa ( se tale esercizio viene disposto per uno specifico ramo d’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti gli altri settori).
In seguito, le ulteriori proroghe, pur parametrando l’effettiva impossibilità di licenziare all’utilizzo dell’intera cassa integrazione speciale o dell’esonero contributivo (cd. blocco “mobile”)[1], confermavano solo l’indirizzo preso dal legislatore, ossia limitare la libertà di iniziativa economica dell’imprenditore in favore della conservazione del posto di lavoro.
A parere di chi scrive, ciò significherà un mero rinvio dei licenziamenti, se non verranno pensati, nell’immediato periodo post-pandemico, sgravi contributivi totali per i lavoratori già assunti e un regime fiscale di favore quantomeno biennale per le imprese che hanno sofferto maggiormente il calo generalizzato di consumi, come quelle del settore distribuzione.
All’esito della nostra analisi, cosa può fare, quindi, l’imprenditore che si trova di fronte ad una situazione economica drammatica come quella odierna, in relazione al blocco dei licenziamenti?
In primo luogo, non ritenere di essere vincolato e non poter reagire dinanzi a comportamenti errati dei propri singoli dipendenti.
In secondo luogo, avvalersi di professionisti che li accompagnino nella scelta opportuna fra cassa integrazione Covid, esoneri contributivi e pagamento integrale diretto della retribuzione, consapevoli delle modifiche che il legislatore potrebbe apportare ai provvedimenti odierni in sede di conversione del Decreto Ristori o nel prossimo decreto legge.©
Napoli, 03.11.2020
[1] A. Bottini, Il Sole 24 Ore dossier, 21.10.2020, pag. 5
Riferimenti:
Avv.Renato Migliore – Centro Direzionale Napoli – Isola A/3 renatomigliore@studiolegalemigliore.com
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